di Rita TAZZARI ed Anna BARBOT logopediste
Diversi anni fa si considerava una diagnosi precoce se effettuata entro i tre anni, età in cui era consigliabile procedere con la protesizzazione. Via via questa età è diminuita e oggi si possono applicare le protesi già a tre mesi.
Una diagnosi tardiva comporta una mancanza di tempestività della protesizzazione, un allungamento dei tempi dell’intervento chirurgico nel caso sia indicato l’impianto cocleare e naturalmente uno slittamento del trattamento logopedico.
Abbiamo già visto quanto sia importante l’integrità uditiva per la percezione del linguaggio fin dai primi giorni di vita. La protesizzazione in tempi brevi consente di attivare il canale uditivo e di trasmettere impulsi e segnali sonori anche nelle ipoacusie profonde che richiederanno poi il passaggio all’impianto cocleare.
Più il tempo di deprivazione è lungo più si compromette la possibilità di un apprendimento incidentale del linguaggio. Per apprendimento incidentale si intende l’evoluzione spontanea delle performance linguistiche nelle sue varie tappe.
Una volta effettuata la diagnosi, anche se tardiva, si rende necessaria l’applicazione della protesi e nel caso di ipoacusia profonda è opportuno attivare gli accertamenti utili al bambino per essere sottoposto all’intervento di impianto cocleare il prima possibile. Questo ultimo aspetto risulta essere importantissimo al fine di evitare ulteriore perdita di tempo, prezioso per recuperare le abilità linguistico-comunicative e per evitare problematiche ulteriori che potrebbero riflettersi irrimediabilmente sul percorso scolastico.
Parallelamente agli aspetti medici risulta fondamentale effettuare una presa in carico logopedica per attivare un percorso di affiancamento alla famiglia che deve essere guidata e sostenuta nei primi momenti della protesizzazione, nella valutazione delle reazioni del bambino con le protesi, negli atteggiamenti comunicativi corretti da mettere in atto nella quotidianità e soprattutto nell’aiutarla ad accettare questa “sfida”, a guardare avanti, a non pensare a quello che non c’è, a valorizzare le potenzialità del proprio bambino e a individuare le opportunità che gli si possono offrire.
Il trattamento logopedico deve avvenire nei tempi più rapidi possibili in collaborazione con il centro audiologico che ha effettuato la diagnosi e con l’audioprotesista che ha fornito il presidio protesico.
Il genitore non si deve sostituire al terapista ma deve integrare e rinforzare in modo naturale e spontaneo gli obiettivi dell’intervento logopedico collaborando attivamente attraverso uno scambio di informazioni reciproche che stabiliscono una sorta di “patto” necessario al proseguimento del percorso riabilitativo del bambino.