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Parlare di sordità e ascolto può sembrare un po’ forzato, ma se pensiamo ai bambini possiamo dire che l’ascolto, anche nel bambino sordo può avvenire in modo spontaneo e naturale poiché il bambino sordo alla nascita, come ogni altro bambino, ha già un bagaglio di esperienze sonore, frutto di vissuti ed esperienze del periodo della gestazione, che hanno segnato un primo modo di imparare, discriminare e riconoscere. 

Il bimbo cresce e si sviluppa all’interno del corpo materno, che vive, vibra, respira, si muove e ‘risuona’ di tanti suoni che lo raggiungono e lo toccano, ed è proprio da quelle prime esperienze sonore che nasce e si origina il movimento, il linguaggio, l’ascolto e la capacità di relazione.

Negli ultimi anni ci sono venute in aiuto le conoscenze fornite dalle neuroscienze: “i bambini esposti a specifici suoni durante la fase fetale ne conservano un ricordo inconsapevole appena dopo la nascita. Il risultato dimostra che il cervello umano nella fase fetale è capace di apprendimento uditivo, con interessanti ricadute sulla possibilità di prevenire o curare deficit di acquisizione del linguaggio”. Ma anche dagli studi sul suono è possibile comprendere che il bambino che cresce dentro un corpo possa fare molte esperienze sonore. 

Il corpo della mamma, infatti, è come una grande orchestra, la ‘Prima Orchestra’ in cui il bambino si trova al centro, avvolto dal liquido amniotico e costantemente stimolato da ritmi, timbri.

Cosa sente un bambino mentre cresce all’interno della pancia? 

Il bimbo ascolta in modo propriocettivo, ossia attraverso il suo piccolo corpo, tutti i suoni ‘vitali’ della mamma. Basti pensare al gorgoglio intermittente della digestione, al suono continuo del flusso sanguigno, all’alternarsi dei due tempi della respirazione, alla voce della mamma e del papà che passano attraverso la parete dell’utero, ai passi e ‘tonfi’ della deambulazione. Tutto suona perché il corpo è vivo e vibra. 

L’insieme dei suoni che il bambino percepisce rappresentano appunto un imprinting per il bambino che origina la memoria dei suoni, la memoria temporale.

All’interno del grembo materno il bimbo, dunque, distingue suoni lunghi, continui, altri interrotti, alcuni forti e altri piano, alcuni più acuti altri più gravi e riconosce anche la voce della propria mamma. 

Si stima che il battito cardiaco, in proporzione, venga percepito dal bambino come se fosse una percussione a 90 dB ed è interessante notare che il ritmo del cuore, il ritmo ternario, è lo stesso ritmo delle ninna nanne, quello che riesce a calmare il bambino perché vi riconosce la vita intrauterina.

“E i bambini sordi come ascoltano?” “Tutto questo vale anche per loro?”

Certo! L’ascolto dentro la pancia avviene per tutti i bambini allo stesso modo: per propriocezione, ossia, attraverso tutto di noi stessi. 

Possiamo dire che fino alle 24 settimane di gestazione non ci sono particolari differenze tra un bimbo udente e uno sordo in quanto l’orecchio non è ancora completamente formato e i suoni vengono percepiti come onde sonore, come vibrazioni che raggiungono il corpo e lo attraversano. Queste memorie primordiali, che tutti abbiamo, sono importantissime per il formarsi del linguaggio. È in queste fasi che il bambino comincia inconsciamente a conoscere suoni diversi.

Ma alla nascita, improvvisamente, all’arrivo dell’aria e della luce, tutto sparisce. 

La vera novità della nascita è proprio il silenzio, che il bimbo interrompe con il suo pianto. Dal silenzio nasce la voce. Nelle ore, giorni, mesi che seguiranno al parto, il bambino sarà impegnato nel ritrovarsi, accorgersi, scoprire, il lavorio del bimbo, seppure inconsapevole, è costante e continuo: quello che ha sentito prima lo trova anche qui.

Questo dunque accade anche per un bimbo che nasce sordo. Ma questo processo di riconoscimento comincia nel momento in cui il bambino sordo è tenuto in braccio e appoggiato sul petto della mamma o del papà, che vibra e risuona, non appena la mamma e papà parlano e cantano per lui.

Per i bambini sordi, infatti, è fondamentale fare l’esperienza del sentire e ascoltare ancora con tutto il corpo, appoggiati alla mamma che canta, ed essere attraversati dalle onde sonore e sperimentare la risonanza corporea. Dentro ad ogni bambino e ancora di più dentro un bambino con problemi di udito, c’è un potenziale di ascolto che non va spento ma continuamente stimolato attraverso il canto, la voce, il dialogo fatto di sguardi, suoni e sorrisi ed anche il buon umore. 

Cantare è ancora più importante che parlare a un bambino perché nella voce che canta sono presenti sono molti più suoni armonici e molte più vibrazioni ed è anche importante cominciare da quando i bimbi sono piccolissimi perché, in tal modo, il bambino è da subito stimolato nell’ascolto e nella imitazione in modo spontaneo. 

La spontaneità fa si che il bambino giochi con i suoni e che si diverta nelle scoperte. 

Poi, crescendo, saprà sfruttare meglio gli ausili, protesi o impianto cocleare, salvaguardando l’ascolto per via corporea, che è quello che porta anche al movimento, all’espressività emotiva e corporea, alla respirazione corretta, in una parola allo sviluppo armonico. 

In musicoterapia umanistica, sin dai primi mesi di vita i bambini sordi possono stare sul pianoforte a coda con la mamma o il papà ed essere coinvolti in una relazione di gioco e di ascolto.

Sul pianoforte si ricevono coccole e attenzioni, si impara a guardare e prendere gli oggetti, si gioca con la bocca che fa le prime esperienze di lallazione, si impara ad ascoltare. Questo non ha controindicazioni, anzi, è da raccomandare per far si che l’ascolto proceda spontaneamente, per far si che il bambino non smetta del tutto di ascoltare, poiché privato naturalmente di alcune frequenze nell’udito.

Il musicoterapeuta, dal lato della sua competenza, individuerà tra i tanti prodotti dal pianoforte (che va dai 20 Hz ai 4186 Hz dell’ultimo tasto) una gamma di suoni adatti al piccolino per ‘accarezzarlo’ e contenerlo. Il pianoforte diventa così proprio come un secondo ‘grembo materno’ che rievoca nel bambino l’ascolto incondizionato della gravidanza. Nello stesso tempo i suoni e le vibrazioni ‘benefiche’ del pianoforte, mentre avvolgono e accarezzano il bimbo, raggiungono e stimolano anche i neuroricettori della pelle, collegati con il sistema nervoso centrale e contribuiscono allo sviluppo cerebrale del bambino e alla sua crescita armonica.

I bambini sordi più grandicelli, i quali hanno già cominciato a portare apparecchi acustici e a seguire la logopedia, possono trovare nella seduta di musicoterapia uno spazio per armonizzare e consolidare gli apprendimenti in un modo gioioso, ma questo avremo modo di parlare nello specifico. 

Nicoletta Bettini, Musicista e Musicoterapeuta, socio di Fim (Federazione Italiana Musicoterapeuti). Diplomata in Music-Therapy presso l’University of Bristol, lavora da più trenta anni con bambini e ragazzi sordi.

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