di Giulia Ambrosetto, Mariangela Laurenti, Beatrice Vitali
Il progetto ACCESs proposto dalla Fiadda regionale, che si avvale del finanziamento della Regione Emilia-Romagna, tra le altre azioni, prevede percorsi formativi per insegnanti volti a sensibilizzare chi lavora nelle scuole dell’infanzia e primarie sui temi della sordità, questo sia che le scuole accolgano o meno bambini con disabilità sensoriale. Fondazione Gualandi a favore dei sordi è stata incaricata di organizzare e realizzare con propri esperti i percorsi formativi.
Obiettivo dei percorsi era, a partire dall’analisi delle problematiche scolastiche dei bambini sordi e con difficoltà linguistiche e comunicative, proporre strategie e indicare risorse per una didattica inclusiva, allo scopo di potenziare le competenze degli insegnanti impegnati in questo compito molto complesso
I corsi previsti erano due, uno rivolto agli insegnanti di scuola dell’infanzia, e l’altro agli insegnanti di primaria, ma a seguito delle numerose richieste pervenute è stato necessario raddoppiare entrambi i corsi, dato che il numero di partecipanti non doveva superare il numero di 25 per poter mantenere, pur nella realizzazione online, la caratteristica della interattività, importantissima per dare spazio alle esperienze e alle domande dei corsisti; gli iscritti sono stati circa 60 per la scuola dell’infanzia e 50 per la scuola primaria
In merito alla necessità di realizzare online i corsi, pur rilevando che la modalità in presenza permette una interattività più significativa, dobbiamo rilevare con soddisfazione che questo ha consentito a realtà scolastiche periferiche, rispetto alle città, e quindi in genere non raggiungibili da corsi in presenza, di partecipare in misura significativa. Questo è stato reso possibile anche dalla preziosa collaborazione dei CTS che hanno diffuso l’informazione attraverso i loro canali.
Filo rosso che ha guidato la formazione è stato l’offrire alcune informazioni di base circa la sordità e le sue conseguenze, ma soprattutto il ripensare a modalità di lavoro utili per tutti, ma fondamentali per bambini con sordità. Al termine degli incontri sono stati inviati ai partecipanti : attestato di partecipazione, materiali di sintesi degli incontri e un questionario online per avere un riscontro circa l’indice di soddisfazione e l’aderenza dei contenuti trattati alle aspettative dei partecipanti. 27 risposte da parte dei corsisti di sordità e 32 da parte di quelli dei contesti inclusivi hanno valutato con alta percentuale, oltre l’80% sordità e oltre il 90%contesti inclusivi il soddisfacimento delle proprie aspettative e con percentuali ancora più alte gli argomenti trattati sono stati ritenuti interessanti; inoltre sono stati indicate tematiche da approfondire in eventuali nuove proposte formative. Infine la modalità online è stata ritenuta efficace in più dell’80% delle risposte.
Sordità: spunti da cui partire
Informazioni teoriche, ma anche analisi di casi, esempi concreti e proposte educative e didattiche hanno caratterizzato i 5 incontri previsti, a partire da qualche significativa “nozione di base”, che di seguito riassumiamo.
L’organo dell’udito si sviluppa all’8°- 10° settimana di gestazione, il bambino è quindi immerso in un ambiente sonoro ancora prima di nascere. Questo semplice dato fa riflettere su quante e quali sono le stimolazioni che un bambino sordo perde fin dalla primissima età. I suoni ambientali, la tranquillizzante voce di mamma e papà che spiegano il mondo, il suono della propria voce sono tutte esperienze che precedono lo sviluppo linguistico e accompagnano quello cognitivo. Fino a qualche anno fa la diagnosi di sordità era una “condanna” ad una vita di forti limitazioni. Brazelton nel 1980 scriveva: “I bambini completamente sordi sono completamente rallentati in tutte le sfere dell’attività. Possono apparire depressi e passivi – lenti nello sviluppo motorio e nelle reazioni ai tentativi fatti dai genitori per stimolare l’interazione con l’ambiente. Potrebbero restare passivamente distesi nella culla (…) Nello stesso tempo si acuiscono gli altri sensi, come la vista e il tatto. Tutto ciò può rendere il bambino iper sensibile e facilmente oppresso”.
La situazione descritta dal pediatra statunitense va conosciuta perché, dopo 40 anni, possiamo e dobbiamo evitarla creando per il bambino i contesti che meglio possano permettergli di crescere. Un grande aiuto ci è stato dato dallo sviluppo della tecnologia, che ha permesso di compiere notevoli passi avanti nell’affrontare le difficoltà dovute a questa condizione. Per prima cosa lo screening audiologico neonatale permette una diagnosi precocissima della difficoltà uditiva e una protesizzazione (o l’attivazione dell’impianto cocleare) nei primi mesi di vita del bambino.
L’introduzione della protesi, o l’immissione dell’impianto cocleare, dà al bambino la possibilità di utilizzare al meglio le finestre evolutive che consentono l’acquisizione del linguaggio sfruttando le capacità innate dell’essere umano. Quando le finestre evolutive si chiudono l’acquisizione del linguaggio avviene in modo meccanico e artificiale. Questo è quello che noi sperimentiamo quando, in età adulta, studiamo una lingua straniera: apprendiamo e impariamo la grammatica scolastica, ma rimane più nebuloso tutto ciò che è lingua “vissuta” i modi di dire, l’umorismo, il sarcasmo. Acquisire artificialmente una lingua significa rimanere legati al significato letterale delle parole, questo rende poco trasparente il significato di tutte le parole che da sole non hanno un significato: gli articoli, i funtori, le preposizioni.
È fondamentale capire quale sia il contesto in cui nasce e cresce un bambino con sordità. Vivere in un contesto di sordi permetterà al bambino di sviluppare la lingua dei segni (LIS). Tale lingua non è una forma di comunicazione diffusa e questo implica che spesso, troppo spesso, la comunicazione del bambino sarà mediata da una terza persona che farà da ponte verso il mondo. Pertanto, è importante che il sordo, anche se segnante, si rapporti con la lingua verbale che lo circonda, ma è altrettanto fondamentale che il contesto attorno a lui il più possibile si racconti utilizzando modalità di comunicazioni efficaci. Proviamo a capire cosa si intende con questa affermazione: usare diverse modalità di comunicazione, veicolare la stessa informazione mediante diversi canali e renderla ridondante aiuta a sopperire mancanza o ritardi nella comprensione del linguaggio verbale.
Sommare più canali comunicativi: quello verbale, quello visivo, quello esperienziale, quello tattile, quello mediatico, permette di sfruttare al massimo tutte le risorse a disposizione del bambino con difficoltà (non solo uditiva), ciò renderà più semplice mantenere più a lungo l’attenzione, ritrovare il focus attentivo più velocemente, avere più possibilità di raggiungere il significato. Tenere in mente questi accorgimenti permette una migliore, e più autonoma, partecipazione del bambino sordo, ma anche straniero, con difficoltà attentive o problematiche dello sviluppo. Avere un ambiente facilitante che interagisce con i bambini permette di ridurne la disabilità. La disabilità si stabilisce in base al rapporto tra il deficit del bambino e la sua adattabilità al contesto circostante, contesto che deve essere accogliente e inclusivo per ridurre le difficoltà dei bambini e delle famiglie.
Contesti inclusivi
In quest’ottica si inserisce la nostra formazione diretta agli insegnanti, partendo da quelli della scuola dell’infanzia. L’importanza del contesto circostante è fondamentale ed è il punto da cui partire quando si parla di inclusione; inoltre, crediamo sia fondamentale parlare di inclusione partendo proprio dai piccolissimi. Sono infatti determinanti i primi anni di vita per intervenire sugli svantaggi dati dalle disabilità e per sviluppare le potenzialità di base, necessarie per crescere bene al pieno delle proprie potenzialità.
Durante il corso, grazie all’esperienza della Fondazione Gualandi dei propri servizi educativi, il nido Il cavallino a dondolo e la scuola dell’infanzia Al cinema!, si è cercato di indagare il concetto di inclusione e quali caratteristiche siano fondamentali per creare un contesto inclusivo capace di accogliere ogni bambino, ognuno con le proprie caratteristiche.
Un contesto educativo inclusivo è il risultato di un insieme di fattori: spazi, tempi, materiali, bambini e adulti che vivono quel contesto, ognuno con le proprie caratteristiche, e le relazioni tra questi. Ogni elemento è importante ed è determinante nella realizzazione del contesto e soprattutto della sua efficacia. Quando parliamo di contesto educativo inclusivo, possiamo misurare l’efficacia attraverso due parametri: il livello di benessere e il livello di partecipazione di ogni soggetto che vive quel contesto. L’attenzione, quindi, è posta su ogni singolarità e sulla conoscenza profonda delle caratteristiche di ognuno, con l’obiettivo di creare un contesto capace di accogliere tutti nel migliore dei modi, con un’attenzione che dal singolo riesce ad arrivare al gruppo.
L’invito, quindi, è quello di cambiare prospettiva e di partire dalle esigenze dei bambini con difficoltà e renderle opportunità per tutti. Ci sono alcuni punti che risultano fondamentali per bambini sordi o con altre tipologie di difficoltà, come ad esempio:
- Lavorare in piccoli gruppi di lavoro, sfruttando al massimo la compresenza e tutti gli ambienti presenti a scuola
- Gli ambienti devono essere il più possibili comunicativi, suggerendo azioni e atteggiamenti
- E’ necessario utilizzare strategie di comunicazione efficaci, per permettere a tutti i bambini di comprendere nello stesso momento quello che si sta dicendo -spiegazione di un gioco, racconto di una storia, etc…-
- E’ bene evitare attività “spot”, cioè quelle che vengono proposte in un lasso di tempo breve e poi non vengono più proposte per lungo tempo. Meglio proposte continuative per stimolare la previsione e la comprensione del contesto, facilitando così le competenze e l’approfondimento del gioco e delle relazioni, oltre che la capacità di scelta e il rafforzamento dell’autonomia
- Le proposte devono rispettare il tempo di apprendimento di ciascun bambino, facilitare l’interiorizzazione dei concetti e stimolare collegamenti con altre esperienze.
Queste sono solo alcune attenzioni che però possono contribuire a cambiare una situazione e crearla più aderente ai bambini e ai loro bisogni.
Il punto centrale è e deve rimanere sempre il gioco, ambito privilegiato del bambino per ogni tipo di apprendimento e di relazione. Il gioco è da intendersi come esperienza concreta perché il bambino ha bisogno di conoscere il mondo in tutte le sue sfumature. L’obiettivo quindi, per tutti, e in modo particolare per i bambini sordi, è quello di stimolare il piacere nel gioco e nella relazione. Non solo gioco, ma provare “piacere” nel gioco, quindi agire sulla motivazione. Diventa quindi fondamentale riuscire ad attivare luoghi di giochi diversificati, con tempi distesi e flessibili, in cui ogni bambino sia chiamato a partecipare al massimo. Durante il corso numerosi sono stati esempi concreti per riuscire a creare un contesto con queste caratteristiche. Lavorare in questo modo alla scuola dell’infanzia, vuole dire offrire al bambino un ambiente ricco di stimoli adeguati per rafforzare l’idea di sé, la propria autonomia, le proprie capacità comunicative e relazioni, nell’ottica di procedere, con strumenti adeguati e un ricco bagaglio di esperienze, agli ordini di scuola successivi.
Didattica inclusiva
Parlare di inclusione alla scuola primaria significa ragionare sulla realizzazione di una didattica inclusiva. L’aspetto linguistico degli alunni sordi è uno dei punti cruciali per realizzare una piena inclusione. I bambini acquisiscono la lingua in modo naturale senza nessuno sforzo e sono in grado di padroneggiare strutture linguistiche nel giro di pochi anni.
Per i bambini sordi bisogna fare un discorso a parte. A causa della compromissione del canale uditivo, non hanno la possibilità di accedere all’input linguistico esterno e per questa ragione è ostacolato il processo di acquisizione della lingua madre, cioè l’italiano. La ritardata esposizione alla lingua orale ha conseguenze significative per lo sviluppo della lingua. Per questa ragione, i soggetti sordi faranno più fatica a raggiungere un livello di competenza linguistica pari a quello degli udenti, per quanto riguarda sia l’italiano orale sia l’italiano scritto.
I sordi, con una competenza linguistica fragile, riducono la comprensione di ciò che leggono solo nell’individuazione delle parole contenuto, eliminando tutti gli elementi significativi che caratterizzano la lingua italiana (questi elementi linguistici sono considerati minimi a livello uditivo e i sordi, a causa del deficit uditivo, tendono a non considerarli, ad esempio pronomi e preposizioni).
Ad esempio, se nella frase ‘I bambini vanno a scuola’ eliminassimo l’elemento funzionale a, il significato della frase può essere frainteso. I bambini vanno a scuola o vanno da scuola?. Oppure nella frase La mamma ha cucinato una lasagna e un arrosto! Stasera la porta, se non si considerasse il pronome la, che veicola un’informazione non esplicitata cioè la lasagna, la comprensione potrebbe essere compromessa: la mamma porta un arrosto o una torta?
Queste due frasi fanno parte dei tanti esempi che possono dimostrare le fragilità linguistiche dei sordi nella comprensione e produzione verbale.
Nella nostra società l’esperienza scolastica occupa un ruolo centrale nella crescita dei soggetti in età evolutiva. In modo particolare, per il bambino sordo, rappresenta un’opportunità unica per l’apprendimento e per la condivisione dell’esperienza con coetanei e adulti diversi dai familiari e dalle altre figure di riferimento. A volte la relazione e la comunicazione tra docenti e alunni si svolge in spazi e con modalità non adatte alle esigenze linguistiche e comunicative dei sordi. Per tutti i bambini, in particolar modo per i bambini sordi, ascoltare in un ambiente rumoroso è motivo di disagio e stress. Grazie alla visione del cortometraggio Matilde, filmato del regista Vito Palmieri e prodotto dall’associazione Agfa-Fiadda di Bologna, sono state prese in considerazione delle soluzioni alternative per attutire i rumori all’interno del contesto classe. La soluzione di palline da tennis posizionate ai piedi delle gambe delle sedie è stata accolta con entusiasmo da altre scuole nel comune bolognese e non solo. Grazie a questo ciclo formativo è stato esteso questo suggerimento a tutta la regione dell’Emilia-Romagna.
Sono state date inoltre altre indicazioni alle docenti semplici da applicare in contesto scolastico:
- Prediligere una comunicazione dialogica, in modo tale che il bambino sordo ha la possibilità di prendere con più facilità la parola, di alternare i ruoli di parlante e ascoltatore all’interno di un atto comunicativo, di essere valorizzato maggiormente;
- Visione completa del docente mentre parla, ciò non avviene mentre il docente si gira per scrivere sulla lavagna e continua a parlare;
- L’alunno dovrebbe conoscere in anticipo l’argomento che si sta trattando, così da potersi preparare e contestualizzare meglio l’argomento che sta ascoltando. Molto spesso, all’interno di un’unità didattica, si trattano argomenti difficili con tecnicismi o termini inusuali. Per questa ragione è consigliato un lavoro preparatorio;
- Catturare l’attenzione dell’alunno sordo, quando il docente vuole porre una domanda al bambino, è necessario che prima venga catturato il suo sguardo, così da permettergli una buona visione del volto dell’interlocutore;
- Quando un compagno di classe pone una domanda al docente, prima di rispondere si può verificare con lo sguardo che il bambino sordo lo abbia individuato per poi ripetere, brevemente, la domanda, ad esempio: ‘Franco vuole sapere se….’;
- Uso dei sottotitoli, strumento efficace anche per migliorare la competenza linguistica perché, leggendo, i sordi hanno la possibilità di accedere a tutte le strutture linguistiche, osservando anche gli elementi funzionali della lingua italiana resi visibili grazie alla scrittura;
- Sensibilizzare i compagni di classe e tutti i docenti curriculari è importante. Si consiglia di stabilire e condividere delle norme con tutti: ogni volta che si vuole parlare bisogna alzare la mano (segnale visivo), parlare uno per volta (si esercita anche il rispetto dei turni), indicare chi sta parlando, verificare sempre se il bambino sordo ha compreso la domanda.
Queste semplici indicazioni sono solo l’inizio di un percorso di sensibilizzazione da portare avanti negli anni. Siamo convinti che piccoli attenzioni consapevoli possono aiutare tutti i bambini, ognuno con le proprie caratteristiche, a vivere un contesto scolastico nel modo migliore, facilitando percorsi di apprendimento e relazione.